franco cuomo ha detto...
Perché dico che il film GOMORRA non è un bel film, tenterò di spiegarlo, altrimenti sembrerebbe quasi una dichiarazione per puro spirito di contraddizione e tenterò di dire anche perché del suo successo: Intanto GOMORRA non è un bel film perché rappresenta un universo orrendo, quello della camorra e del malaffare. Vorrei partire da Aristotele, che relativamente alle cose dell’arte, fa una premessa che a me sembra fondamentale, in un tempo come il nostro che ha perso ogni riferimento immaginativo rispetto al fare arte. Ho sentito da più parti dire che questo film è un film realistico:ovvero che racconta le cose così come stanno e proprio per questo in tanti lo trovano bello.Va da sé che uno pensa che è bello solo ciò che è realistico: una deformazione percettiva che finisce con l’escludere tutto quello che invece è altro dalla realtà, un segno inquietante della nostra deriva verso società autoritarie, se vogliamo dar credito - e io gliene do - a Ernest Cassirer della Filosofia delle forme simboliche. Allora bisogna cominciare col dire che questo è un modo non corretto di avvicinarsi a qualsiasi opera d’arte, sia essa cinema, arte figurativa, musica ecc. Se così fosse, noi dovremmo dire che è bella solo quell’arte che imita la realtà e qui, cito Aristotele: “Da ciò che si è detto è chiaro che il compito dell’arte non è di dire le cose avvenute o che avvengono, ma quali possono avvenire, cioè quelle possibili […] perché esiste una differenza tra lo storico e colui che produce arte: l’uno dice le cose avvenute, l’altro quali possono avvenire”.Il film ha sequenze e piani narrativi, quasi documentaristici, sembrerebbe un film neorealista e forse lo è, ma che senso ha il neorealismo oggi, quando c’è già stato un documentario di denuncia sociale su argomenti simili che si chiama Biutiful Cauntri e quando trasmissioni televisive come Report ci hanno mostrato i termini inquietanti di questa realtà, ma non come racconto filmico? Il mio punto di vista è che se Matteo Garrone facesse lo storico e non il regista come invece è, per ritornare ad Aristotele, con l’operazione che ha fatto finirebbe col tradire pure l’oggettività storica, perché i personaggi romanzati, finiscono col diventare drammaticamente epici suscitando nello spettatore anche una pietas: penso ai due balordi ( sembravano presi da un film di Pasolini) che vogliono imitare Scarface e si mettono contro il clan dei Casalesi, ma anche al ragazzino piccolo che alla fine per non tradire la banda fa uccidere Maria.Tutto il film più che sembrare una denuncia sociale, sembra un épos del male:i personaggi finiscono col sembrare eroi tragici e manca il momento neorealista, laddove il neorealismo in un momento storico in cui non esisteva un giornalismo d’inchiesta, aveva un compito ben preciso. I giornali francesi lo osannano, forse proprio per questo, anche se io credo che ormai così come viene rappresentata Napoli è diventata un esotismo, e questo è il motivo che non me lo fa piacere ed è lo stesso per cui non mi è piaciuto il libro. Oggi che il conformismo culturale è dilagante fa sembrare un film del genere come un film di denuncia sociale, ma in realtà non lo è, anzi questo film è quasi un film apologetico, ed è tutta l’operazione che è discutibile. Incuriosito dal polverone che si è formato intorno al best seller, e non amando quel genere di lettura, ho deciso di vedere il film. Da napoletano a volte ho stentato a capire cosa dicessero gli attori del film (che, per dare un tocco di credibilità in più sono stati selezionati dalla zona in questione, o da quelle limitrofe. Si voleva forse imitare Visconti in "La Terra Trema"? Encomiabile certo ma quel film aveva un senso allora!), certe volte sono ricorso ai sottotitoli pure io. Tutto il film è una semplice messa in scena documentata della zona più orrenda di Napoli, ma ormai lo sanno tutti che c'è la camorra. Questo film a mio avviso ne finisce col fare l’apologia soprattutto per come si chiude, mentre troppo didascaliche appaiono essere le scritte finali che scorrono col sottofondo musicale dei Massive Attak, e che nessuno legge. E la creatività di immaginare qualcosa di possibile o semplicemente diverso da tutto questo come insegnava il buon Aristotele? Questo film piace agli stranieri proprio perché ricolloca tutta Napoli in un altro cliché, quello di città della malavita e delle emozioni forti. Se questo è cinema, non è il cinema che preferisco, ma soprattutto mi allarma il conformismo culturale, anche da parte dei critici, che evidentemente non sanno più leggere un’opera d’arte .
20 maggio 2008 14.57
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3 commenti:
questo articolo è stato e resta assolutamente contro corrente, il conformismo dei democratici ha consacrato tutto ciò che appartiene a Saviano come sacro e intoccabile. Non batsva il conformismo becero della cosiddetta destra, ci voleva anche quello ecumenico della cosiddetta sinistra.Il nome del vostro blog mi ha riportato alla mente un giornalino ciclostilato che facemmo io e Silvio Tommolillo nel 1972 nella sezione del PCI di Vico Equense, che si chiamava appunto URLO citando Ginsberg di Howl e parlava di poesia, musica e politica...madonna quanto tempo è passato!!! Verrò a trovarvi ancora se vi fa piacere.
Ovviamente sei il benvenuto! Hai ragione è passato molto tempo ma non invano...siamo ancora capaci "di intendere e di volere" in barba alla nostra età anagrafica che alcuni vorrebbero già in pensione.
A proposito dell'arte la cui funzione dovrebbe essere quella di lasciar spazio al possibile - improbabile magari, ma non impossibile -, qualcuno ha visto "Walking on water di Eytan Fox? (versione italina "Camminare sull'acqua"). Non sono nemmeno lontanamente un'esperta di cinema, ma la sensazione è quella di un finale aperto, una pagina bianca (o un fotogramma vuoto) in cui entrano in gioco meccanismi dell'animo umano che forse possono superare conflitti atavici, rancori impressi nel dna dei popoli, rappresentazioni imposte dalla storia così come viene ci viene raccontata.
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